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Il Parroco


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Perché e quando Padre Piero
decide di aiutare il Prossimo
Intervista a p. Piero Puglisi - Presidente
FOCS, di Mauro Vitaliano


Incontrare Padre Piero è come sfogliare uno di quei libri che assolutamente non devono mancare nella tua piccola collezione. Egli riesce a infonderti quella voglia di non fermarti ma andare sempre più alla ricerca di un percorso di crescita e di completezza interiore e professionale. 
Molte volte, durante i brevi incontri quotidiani per motivi di lavoro, ho cercato di osservare quali potessero essere i lati della sua personalità, cercando di dividerli, ma alla fine ho pensato che non serve dividere i colori per comprendere al meglio la bellezza del quadro.
E allora ho voluto cambiare la mia di prospettiva di osservazione, perché alla fine il Padre, il Presidente e Piero non possono essere divisi, vivono insieme giorno dopo giorno, lottano, si scontrano ma sono indispensabili l’uno all'altro.

Perchè e quando Piero ha deciso di aiutare il prossimo?

Ho vissuto la mia infanzia, la mia adolescenza e i miei giovanissimi anni all'ombra di un campanile. Dalle finestre di casa vedevo la grande chiesa parrocchiale, tra muri e palazzi, nel centro della città. La mia famiglia ha umili radici, gente semplice, lavoratori… I miei genitori avevano da affrontare molti problemi, anche per dare educazione e dignità a me e alle mie due sorelle. Un solo stipendio in casa, tante sfide, i conti da far quadrare a fine mese … insomma, una famiglia come tante. Un punto di forza era però la fede, anch'essa semplice ma vera. Il riferimento ai valori cristiani, alle forme più belle della tradizione, alla giustizia sociale (rispetto per gli altri, soprattutto grande comprensione ed aiuto ai più deboli e poveri, onestà e laboriosità…) è quello che abbiamo sempre respirato in casa e tra i parenti. Mio padre era una persona molto semplice ma tanto rispettata ed amata, per la sua generosità, la sua cordialità, la disponibilità, la voglia di far festa, costruire sempre, con tutti, un “clima di famiglia”, di amicizia leale e sincera. Con i suoi modi e la sua testimonianza è stato per me un esempio di vita. Mia madre ha sacrificato tutta la sua vita per la famiglia, nessuna distrazione, nessun hobby da coltivare, nessun interesse che non fosse orientato al bene di tutti noi… servizio, rinuncia a piaceri personali e sacrificio per amore verso il marito, con cui ha vissuto fedelmente 40 anni di vita, e per noi, suoi figli, unico motivo per cui spendere la sua vita. Nella mia famiglia è stata poi una figura importante anche la mia madrina di battesimo e di cresima. Una donna di vera fede e di Chiesa, diremmo oggi. La corona del rosario in mano ogni giorno, le sue semplici preghiere, la sua partecipazione quotidiana, assidua, alla celebrazione eucaristica… la sua preghiera costante offerta anche per me, hanno ovviamente contribuito a formare in me, insieme al resto, una sensibilità fortemente cristiana. Naturalmente, sin da piccolo, ho frequentato gli ambienti parrocchiali, tra gli scouts e tra i rovers, per esempio, fino a svolgere il ruolo di aiuto capo reparto, nei vari movimenti giovanili e, soprattutto, già diciassettenne, nel gruppo della Caritas parrocchiale. Credo che le difficoltà sperimentate anche nella mia famiglia, la vicinanza e, a volte, la frequentazione, per questioni di servizio, di quartieri un po’ degradati della città, o della vicina casa di cura per anziani, mi hanno aiutato a sviluppare una particolare attenzione verso i più poveri e le persone con disagio, o almeno il Signore ha fatto venire fuori, pian piano, quello che da sempre aveva scritto in me. L’esperienza nella caritas parrocchiale di cui, in giovanissima età, diventai anche responsabile per alcuni anni, mi ha fatto sempre di più avvertire una particolare predisposizione e disponibilità a servire i più deboli, a “dare la mia vita” per la causa dei poveri.


In termini di esistenza, quanto e come questa scelta ha influito?

L’esperienza degli anni giovanili nella Caritas parrocchiale e poi, per alcuni anni, nella Caritas diocesana della mia città, il servizio a favore delle famiglie in difficoltà e in diversi luoghi di sofferenza, dopo alcuni anni di ricerca (servizio militare, esperienze di lavoro, corsi universitari, viaggi, classici fidanzamenti più o meno importanti…), caratterizzati da momenti allegri e spensierati ma anche segnati da grande sofferenza interiore, che scaturiva dalla ricerca e dal discernimento (“qual è il mio posto nella vita? Perché non sono veramente felice? Cosa mi manca? Cosa cerco? Cosa vuole Dio da me? Perché mi mette dentro una certa inquietudine?”) pian piano, con l’aiuto di persone vicine, mi hanno condotto a fare una scelta importante: lasciare la mia città e tutto ciò che era nei miei interessi, gli affetti più cari e andare a vivere una forte esperienza di comunità sui Castelli Romani. Ero pronto a fare della mia vita un’offerta a Dio e agli altri, attraverso una scelta di vita forte, religiosa, missionaria. Non volevo più – o solo – pensare a me stesso, ma dovevo lasciarmi guidare da Colui in cui ponevo tutta la mia fiducia. Da allora, la mia vita ha preso la piega che ha voluto il Signore: oltre 8 anni di formazione a Roma, un’esperienza in Africa e poi Catanzaro, con la bellissima avventura iniziata nel settembre del 1993, e che tutt'ora continua.


Tra i tanti incontri con le persone che ha incontrato nella sua vita, quale più degli altri ha lasciato un segno?

È difficile riferirmi a un incontro preciso, a un volto specifico, a una particolare situazione. Se penso, per esempio, che dal mio arrivo a Catanzaro, solo nella Fondazione Città Solidale (nata con me), sono state accolte (e ho dunque incontrato) circa 1.800 persone (indigenti, poveri, persone sole, vittime di violenza, immigrati, minori, adulti…) e accanto a queste centinaia di persone hanno collaborato con me, come volontari, professionisti, lavoratori, e poi le loro famiglie… e poi i tantissimi incontri vissuti grazie all'esperienza di parroco (ben 17 anni), di direttore della Caritas Diocesana, dell’Ufficio Migrantes diocesano… Certo, non in tutti i casi l’ “incontro” è avvenuto ad un livello profondo ma, sicuramente, così è stato per decine e decine ed anche centinaia di persone. E spesso ho ricevuto affetti sinceri, ho ricevuto amicizia, ho trovato accoglienza, ho avuto nuovi fratelli, nuove sorelle e tanti padri, tante  case …, esattamente come Gesù mi aveva promesso e promette nel vangelo a quanti si mettono alla sua sequela. Ogni incontro, ogni volto, ogni persona, hanno reso più ricca la mia umanità, mi hanno “restituito”, centuplicato quell’atto di amore che ho offerto al Signore nel giorno in cui ho lasciato tutto per Lui, mi hanno fatto sentire vivo e gioioso di una vita spesa per amore.


In una società così rumorosa che importanza ha il valore del silenzio?

Il lavoro di un pastore, impegnato per di più anche nel sociale, come nel mio caso, non può essere espressione dell’azione di Dio e del suo amore di Padre, se non ha le sue radici più profonde proprio nel silenzio. Il silenzio è fondamentale nella vita di ciascun uomo, ma ancor di più in un “uomo di Dio”, o che almeno intenda e si sforza di essere tale. Personalmente ne sento un gran bisogno. Cerco spesso di ritagliarmi i miei spazi di silenzio, perché lì incontro più autenticamente il Signore. Nel silenzio Lui mi parla e io lo ascolto e nel silenzio io gli parlo e mi sento ascoltato ed accolto. E abbiamo tutti un gran bisogno di dialogare con Lui, sentirci tra le sue braccia, farci plasmare dalle sue parole e dal suo amore. Il silenzio aiuta e favorisce la mia preghiera, mi rigenera, mi dà forza, produce in me le intuizioni più belle, illumina le mie scelte, la mia stessa vita, mi rinfranca dalla fatica, dalle delusioni, mi fa uscire dallo scoraggiamento e dai momenti di “stallo”. Il silenzio mi aiuta a perdonare e ricominciare, a perdonarmi ed amarmi, il silenzio è per me necessario come il cibo che mi nutre. I miei momenti privilegiati di silenzio li vivo al mattino presto, in cappella, e a tarda sera, prima di rientrare a casa. Ma ho anche bisogno di spazi di silenzio più prolungati, e allora mi regalo, quando posso e di tanto in tanto, un ritiro mensile, mezza giornata in riva al mare (altro grande ispiratore per me!), in montagna o in un luogo sacro, oppure tempi ancora più prolungati, come nel caso di viaggi (magari annualmente) e degli esercizi spirituali periodici …


Se un giorno potesse, quali desideri vorrebbe realizzare?

Potrei cominciare con l’augurare la pace nel mondo, la fraternità universale, la conversione di tutti al Dio della vita …, ma mi rendo conto che non è una questione di priorità ed importanza. Sinceramente non ho attualmente desideri particolarmente importanti per la mia vita… sarà che il passare degli anni e il ministero di presbitero ti portano a non guardare più a te stesso e ai tuoi bisogni, ma ad allargare il cuore e dare priorità ai bisogni ed anche agli interessi altrui. Se dovessi però guadare dentro di me… vorrei che l’offerta della mia vita, alla fine, non risultasse inutile, per colpa mia, dei miei peccati, della mia non corrispondenza all’amore e alle aspettative di Dio. Vorrei poter realizzare il suo disegno d’amore, essere perciò in grado di fare quanto Lui mi chiede e farlo con e per amore; vorrei poter vedere felici le persone che mi sono affidate - e di cui ho responsabilità di cura, di accompagnamento, di guida -, vorrei poterle sapere nella gioia più vera e profonda, quella che solo Gesù sa dare; vorrei poter offrire a tutti i poveri che ho incontrato ed incontrerò il calore dell’amore trinitario, vorrei che - almeno un po’ e per un po’ di tempo - si siano sentite e si sentano realmente amati, restituiti pienamente alla loro dignità, veramente guardati da Dio e dagli uomini, con occhi di compassione e infinita tenerezza.
Vorrei, vorrei… vorrei poter essere, con l’aiuto di tanti amici, fratelli e sorelle, un segno, un piccolissimo segno della presenza di Dio che incoraggia, che dà speranza, che riscalda i cuori ed il cammino umano di ogni uomo che incontra. Da solo non posso, non riuscirei… ma con Lui accanto tutto è possibile, perché sarà Lui ad operare ed io sarò sempre solo un piccolo strumento nelle sue mani.
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Tu es sacerdos in aeternum
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Lettera di Avvento 2014

La Parola - ancora una volta - si fa carne …

Carissimi, la nostra comunità, quest’anno, si è posta come obiettivo primario quello di suscitare l’amore per la vita interiore, per l’ascolto perseverante della parola di Dio, per l’assiduità con il Signore nella preghiera, per un’ordinata vita sacramentale nutrita dall’Eucarestia e dalla Riconciliazione, per la capacità di lavorare su sè stessi attraverso l’arte della lotta spirituale, per rispondere a una sete di senso che è manifesta.

Il nostro Arcivescovo, nella sua ultima lettera pastorale dal tema I care humanum. Passare la fiaccola della nuova umanità, rileva la necessità di una conversione di mentalità, di un cambiamento, della vita nuova. Legata a questa esigenza - che è anche pista operativa per riuscire nell’intento di diventare uomini e donne “nuovi” - nella nostra parrocchia, ci siamo dati, già da un paio di anni, una chiara connotazione missionaria. La missione è la nuova frontiera aperta a tutte le dimensioni della nostra vita. Essa esige che siamo disponibili a formarci alla scuola del Maestro e, contemporaneamente, trasformati dalla fede, di essere testimoni di Cristo, mediatori della parola di Dio, compagni di viaggio, educatori della vita di fede, uomini e donne pienamente inseriti nella comunità cristiana, nel contesto culturale e vitale del mondo d’oggi.

In primo luogo è importante la conoscenza di sé. Per accostarsi alla Parola, è necessario accostarsi a sé stessi, alla propria realtà umana. Gesù si è incarnato e, da quel momento, nulla di ciò che è umano è estraneo a Lui. La Parola si è fatta carne e ha preso le mie sembianze. E’ qui la novità del Nuovo Testamento. La maggioranza delle persone, compresi noi, dice di conoscersi, di sapere tutto di sé stessi, di conoscere le proprie risorse e qualità, i propri limiti e problemi, ma la vita poi ci smentisce perché ci si arrabbia e non si sa il perché, si è tristi e non si conosce la ragione, non si ha più voglia di impegnarsi e dichiariamo di essere in crisi, di sentirci “a terra”, non proviamo più piacere a stare con gli altri e ce la prendiamo con il mondo intero, non si ha voglia di pregare e non si sa da dove venga la svogliatezza … Eppure, ad ogni domanda c’è una risposta, bisogna però saperla trovare. Il cammino della vita deve tener conto anzitutto della conoscenza di sé, per non continuare a costruire progetti importanti senza fondamenta che crollano appena avviata o anche realizzata la ‘costruzione’. Occorre puntare a consolidare in noi e nelle persone che ci sono affidate qualità umane adeguate perché la Parola possa prendere corpo.

La conoscenza di sé investe tutti gli ambiti della vita, anche nell’educazione all’ascolto; se una persona non sa ascoltare se stessa, come potrà ascoltare gli altri e la parola di Dio? Se una persona non sa fare spazio nella sua interiorità, non sa mettere da parte per un tempo il problema personale e rendersi disponibile all’ascolto dell’altro per poi ritornare al proprio problema a tempo opportuno, come potrà entrare in relazione con la Parola? L’educazione all’ascolto richiede tanti elementi, ne elenco solo alcuni che potranno essere oggetto di esercizio ed allenamento in questo tempo di attesa vigilante che è l’Avvento:
accoglienza dell’altro; interessamento all’altro e al suo vissuto; perdere tempo con l’altro; creare occasioni di incontro; creare amicizia; suscitare il gusto dello stare insieme; creare ambiente, fare famiglia e sentirsi a casa, conosciuti e non estranei; suscitare l’interesse per la Parola; creare coerenza tra la propria vita e il Vangelo; avere il coraggio di fare una proposta per una migliore qualità di vita; credere alla proposta che si fà; perseverare nel “dimorare” con la Parola; essere consapevole di spendere tempo a “fondo perduto” per la Parola; accettare la dinamica del piccolo gruppo; vivere l’ottica evangelica del sale che si scioglie e dà sapore; sapere aspettare vegliando (‘equipaggiarsi’, responsabilizzarsi rischiando di persona, sporcarsi le mani); vivere l’umiltà; accettare di non essere primi ma sottomessi, gli uni agli altri, e tutti alla Parola; pregare; accostarsi ai sacramenti con più frequenza.

Nel tempo di Avvento, icona principale è Giovanni Battista che addita e poi scompare davanti alla Parola perché Lui, Gesù, è lo sposo. Icona perenne è Maria, colei che ha creduto, colei che sta presso la croce, colei che attende perseverante il compimento della promessa del Signore. Maria, la tutta orecchie, aderente al Figlio, l’accogliente sempre, di ogni figlio nel Figlio. Ecco gli esempi e i testimoni da imitare.

Una proposta affascinante per fare esperienza di conoscenza di sé e per educarsi all’ascolto è quella di vivere l’esperienza dei Centri di Ascolto della parola di Dio e, nella più bella tradizione della Chiesa,della Lectio Divina. Il metodo è semplice e si conosce: Lettura della parola di Dio - Meditazione - Orazione - Contemplazione - Azione. La Lectio si chiama divina perché è Dio l’autore di quella Parola, è Dio che mi parla attraverso essa, è l’Eterno che l’ha ispirata, non un Dio lontano ma vicino, che proprio oggi si rivolge a me. E non solo mi parla di sé, ma anche di me, e mi svela progressivamente la mia identità personale, quello che sono chiamato ad essere per diventare conforme a Gesù e avere i suoi sentimenti. Mi dice, inoltre, cosa mi dona, cosa vuole da me oggi, cosa mi chiede. Mi consegna il compito della giornata che vivo, e che potrò accogliere e portare a termine solo se l’accetto dalle sue mani, in un dialogo di amore. Quotidianamente potrò, così, cogliere e vivere il mio progetto esistenziale. Dovremmo imparare tutti a credere di più alla Parola che alle nostre parole, alla forza che la Parola ha in sé stessa, forza di salvezza. L’esperienza dei Centri di Ascolto è familiare nella nostra comunità: l’abbiamo proposta e vissuta già alcuni anni fà; l’abbiamo ripresa, nel marzo scorso, con la Missione popolare; è ancora in atto, mensilmente, per tutti gli operatori pastorali della parrocchia; da gennaio e fino a maggio 2015 sarà ancora riproposta a tutta la comunità, a quanti vogliono prendere sul serio la vita spirituale e prendersi cura della propria interiorità.

Dopo l’ascolto e la pratica della Parola, è necessario entrare in relazione con gli altri. Il cristiano, specie se è impegnato nella Chiesa come operatore pastorale, catechista, educatore, deve distinguersi per la capacità di relazione, perché bisogna essere in grado di “non vivere più per se stessi, ma per Cristo e, quindi, per tutti”. Non ci si appartiene più, la Parola fà da guida nella nostra vita e ci conduce agli altri, ci manda, ci invia ovunque. Non appartenersi significa lasciare spazio alla Parola che, in ogni persona, in ogni evento, in ogni sofferenza, tribolazione,fà intravedere una parola di Dio per sè e per gli altri. Anche questo è essere contemplativo e tutti siamo chiamati ad essere contemplativi in quanto, come Chiesa, siamo chiamati ad essere seduti ai piedi del Signore. Essere contemplativo significa vedere le cose, le persone, il mondo come lo vede Dio. Ecco la profezia che noi cristiani dobbiamo avere e dare oggi al mondo. La Chiesa ed i cristiani, in fondo,sono anche chiamati ad esercitare una leadership. Nella leadership c’è responsabilità, c’è attenzione all’altro, c’è cura, c’è guida, c’è educazione, c’è formazione, c’è accompagnamento, c’è profezia, cioè visione in avanti.

Vi invito tutti, come singoli, come gruppi parrocchiali, come comunità intera: lasciamoci visitare ed abitare dalla Parola che - ancora una volta -vuole farsi carne nella nostra vita e nella nostra realtà. Lasciamoci guidare e fecondare da Essa, che salva, libera, rigenera, rende nuova ogni persona, i rapporti ed ogni cosa.
Buon cammino di Avvento a tutti! Il Signore ci trovi davvero vigili, pronti, con le mani piene di buone opere.
Colei che è Porta dell’Avvento, la Vergine Immacolata, ci prenda per mano e ci accompagni in questa nuova tappa del nostro cammino, ci introduca e resti con noi nel nuovo anno liturgico che inizia.

30 novembre 2014 - I domenica di Avvento p. Piero

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Lettera Avvento 2013

https://drive.google.com/file/d/0Bxp2bBCWFwWXMzYwN2t6d0FEaU0/edit?usp=sharing

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P. Piero Puglisi
Dottore in Teologia Dogmatica 
con specializzazione inMariologia
Presidente della Fondazione “Città Solidale” onlus
Direttore diocesano Ufficio Migrantes 
domic.: 88069 Squillace Lido, Piazza S. Nicola, 3
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Supplica per i sacerdoti

O Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote,

conserva i tuoi sacerdoti 
nel sicuro rifugio del Tuo Sacro Cuore,

dove nessuno ardisce toccarli.

Custodisci senza macchia le loro mani consacrate,

che ogni giorno toccano il Tuo sacro Corpo.

Conserva immacolate le loro labbra,

imporporate dal Tuo preziosissimo Sangue.

Mantieni puri ed innocenti i loro cuori,

segnati dal sublime carattere
 del Tuo glorioso sacerdozio.

Il Tuo santo amore li circondi

e la Tua Santa Madre li difenda

da ogni critica e da ogni mondano contagio.

Dà loro, o Gesù,
con il potere di trasformare il pane e il vino,

quello di trasformare anche i cuori.
E quando vengono per loro i momenti della tristezza
e dell’abbandono,

manda i Tuoi Angeli a confortarli.

Benedici il loro apostolato,

rendilo fecondo di abbondanti frutti

e dà loro la corona della vita eterna.

Amen


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Come rispondere alla vocazione


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